28/11/13

Dicembre ad Ischia, per un Natale più vero

Sarà per l'odore dolce delle caldarroste, sarà per i cento camini fumanti, per i dolci fatti in casa che impregnano l'aria, per i portoni antichi aperti su presepi incantevoli, o per la musica degli zampognari, ma dicembre sull'isola di Ischia è un percorso emozionante che ti fa respirare intensamente un'aria antica, quella del Natale di una volta. Un momento da vivere nell'intimità di una chiesa, nella festa di una piazza e alla tavola di una trattoria slow food, per assaporare la vera tradizione del Natale.

Dicembre ad Ischia, per un Natale più vero
Un po' di tramontana non guasta a dicembre per dare quel tocco vivo e pungente dell'aria natalizia. Chi ama immergersi nelle tradizioni e nelle atmosfere autentiche del Natale, troverà ad Ischia il luogo in assoluto più fedele a quel sentimento insieme festoso e spirituale che il Natale reca con sé. Questo perchè la vita in questa terra separata dal resto d'Italia dal mare è rimasta un più legata ai ritmi della natura: il giorno e la notte scandiscono il lavoro dei contadini, dei pescatori e degli artigiani che sono ancora tanti sull'isola. 

Dicembre ad Ischia, per un Natale più vero
Se le stagioni per chi vive in città sono soltanto intese come momenti di bel tempo o pioggia, per chi come avviene ad Ischia vive in stretto contatto con la terra e con il mare il cambiamento dei cicli stagionali deve essere seguito con attenzione, perchè il lavoro che si compie in campagna non può non tenerne conto. Fermatevi ad osservare il lavoro minuzioso dei coltivatori di vite, guardare come i loro gesti si ripetono secondo una cerimonia che fa parte del loro antico sapere. E' il tempo che li guida alla legatura delle viti, alla potatura, o alla raccolta dell'uva. Ecco perchè il rispetto assoluto del calendario si tramuta anche in un forte ancoraggio con le tradizioni, ed il Natale ad Ischia è più vero. 

Dicembre ad Ischia, per un Natale più vero
Nelle campagne è il momento di concimare la terra, zapparla e mettere, potare le viti, in mare è il giusto periodo per andare a pesca per portare prelibatezze freschissime sulla tavola della Vigilia. Il “cuoccio all'acqua pazza”, un dentice al forno, il capitone ed il baccalà fritto, e gli immancabili spaghetti ai frutti di mare. A Natale ogni piazza di Ischia è una gioia per gli occhi con i mercatini d'artigianato, piccoli spettacoli pomeridiani, e tante cose buone da gustare. Scegliete di trascorrere una vacanza di Natale sull'isola di Ischia. 

24/11/13

Ristorante l'Arca, una location unica

Ristorante l'Arca, una location unica

Descrizione del Ristorante Pizzeria L'Arca

Incastonato come una pietra preziosa tra le verdi colline ed i vigneti della costa sud occidentale dell'isola, il ristorante l'Arca è interamente intarsiato su un grosso masso di pietra verde!

Specialità casarecce di terra e di mare

La cucina è casereccia tipica isolana; nel menù troviamo il coniglio alla cacciatora e la pizza napoletana. A disposizione dei clienti un piccolo parcheggio.

Ristorante l'Arca, una location unica
Alcuni piatti che potrete gustare all'Arca

Ampia scelta di specialità sia di terra che di mare, oltre al Coniglio alla Cacciatora, specialità della casa, cucinato sapientemente da Mamma Filomena, ottimi sono anche i piatti a base di pesce.

Posizione del Ristorante Pizzeria L'Arca

Posizionato sulle colline meridionali dell'isola, il ristorante è stato ricavato su un enorme masso di pietra verde, che si erge tra i verdi vigneti della zona. 

Ristorante l'Arca, una location unica
Facile da raggiungere in auto, un piccolo parcheggio a disposizione della clientela, posto sul versante opposto della strada. Per chi si muove a piedi la fermata dell'autobus è a 50 metri, il ristorante organizza comunque su richiesta transfer gratuiti.

Ristorante L'Arca 
Via Ciglio 144 - 80070 Serrara Fontana (Na)
Tel. Tel. ì39 3208706019

20/11/13

Procida, terra di sole, mare e limoni

Procida è leggera e morbida, galleggia, salperebbe anzi se affetti così antichi e tenaci non la tenessero a Napoli. È di tufo, la pietra che respira, la pietra che vede, la pietra più scoperta, la pietra sughero, la pietra senza segreti. Le case di Procida sono di un bianco latteo, fermo, chiuso; il bianco totale e compatto che esce dal tubetto fra le dita del pittore. Osservate la cupola della chiesa madre: non è dipinta di bianco ma è bianca nell’intero suo spessore, nella sostanza, com’è bianco il gesso. Le case di Procida sono di bucato, un guanciale per il sole

È quanto scriveva Giuseppe Marotta della amata Procida, l’isola che spunta nel mare con le sue antiche case e con il suo verde intenso, prepotente. 

Procida, terra di sole, mare e limoni
A prima vista Procida sembra quasi selvaggia: entrando nel suo porto su cui si affacciano case antiche rose dalla salsedine, il profumo del mare e delle alghe avvolge il turista, mentre il fascino, quasi presepeiale, del suo centro storico strega chiunque vi metta piede. 

Procida - o Prochyta come si chiamava quando venne fondata in epoca greco-romana – è un viaggio a ritroso nel tempo perduto. 

Qui in questo pezzo di terra in mezzo al mare, i borghi colorati di casette di pescatori, le stradine, gli alti portoni chiusi su cortili ombrosi, hanno mantenuto intatto l’aspetto rustico e semplice di cento anni fa. 

Ma l’isola scelta da Moravia ed Elsa Morante all’epoca del loro amore, ha anche un ricco patrimonio culturale fatto di palazzi patrizi, chiese e giardini letterari: dal carcere nella zona più alta dell’isola, al castello del XV secolo, al santuario di Santa Maria delle Grazie, ed ancora il borgo medioevale di Terra Murata, l’Abbazia di San Michele (XVIII secolo), il palazzo d’Avalos

Procida, terra di sole, mare e limoni
Passeggiando per le antiche stradine del borgo della Corricella o di Sancio Cattolico, sembrerà di essere ritornati indietro nel tempo, quando la vita scorreva a ritmi più lenti. 

Per questa ragione Procida è stata da sempre meta di intellettuali, scrittori e artisti a caccia di armonie naturali. E come contraddirli: la spiaggia della Chiaiolella, punta Solchiaro, l’isolotto di Vivara sono delle vere e proprie oasi di pace, incontaminate. 

A Procida poi tutto l’anno sagre e manifestazioni che affondano le radici nelle tradizioni culturali e religiose antichissime come la sagra del Mare – che si svolge tra luglio e agosto; la sagra del pane, del vino nuovo ma anche la bellissima processione del Cristo Morto che si tiene il Venerdì Santo ed i Misteri di Procida che attirano ogni anno migliaia di visitatori. 

Procida, terra di sole, mare e limoni
Tradizioni e storia anche a tavola, in una cucina dal sapore genuino e mediterraneo, come la zuppa di pesce, l’insalata di limoni, i carciofi, la pasta e le lingue di leone, un dolce buonissimo di pasta sfoglia, farcito di crema pasticcera.

Collegamenti frequenti con Aliscafo e Traghetti da Ischia Porto.  

16/11/13

Torta Ischitana

Una sferzata di energia e di gusto in questa deliziosa torta a base di fichi e mandorle.

Basterà assaggiarla per non poterne più fare a meno! Una ricetta ideata dal Bar Calise di Ischia Porto.

Ingredienti:

+ 250 g di farina di mandorle 
+ 250 g di burro
+ 250 g di zucchero 
+ 6 uova 
+ 50 g di pinoli tritati 
+ 50 g di noci tritate
+ 50 g di nocciole tritate
+ 25 g di mandorle tritate
+ la scorza di 1 arancia
+ la scorza di ½ limone

Torta Ischitana

per finire

+ 300 g di crema pasticciera
+ 400 g di fichi freschi

Preparazione:

Separate gli albumi dai tuorli e montateli a neve ben ferma. Montate lo zucchero con il burro fino a ottenere un composto spumoso; aggiungete le uova una alla volta e amalgamatele bene, poi, unite la farina di mandorle e tutti gli altri ingredienti evitando di smontare il composto. Per ultimi incorporate gli albumi. Dividete la torta a metà e farcitela con la metà della crema pasticciera. Chiudetela e copritela con la crema restante e con i fichi tagliati a rondelle.

Servite fredda.

12/11/13

Il fascino della natura incontaminata: Ventotene

Ventotene già dal primo impatto mostra l'inconfondibile sapore di "antichità". Il traghetto, infatti, per attraccare al moderno bacino portuale costeggia, nelle sue lunghe e pittoresche evoluzioni di manovra, un promontorio dalla scarna ed inconfondibile massa tufacea, detto Punta Eolo. Al di sopra sono sparsi i resti di un'imponente villa romana cui la tradizione ha attribuito l'emblematico nome di "Villa Giulia", a ricordo della figlia dell'Imperatore Augusto, che vi soggiornò in esilio

Ma la sorpresa più singolare la si avrà non appena percorsi dieci metri dalla banchina del molo: al di là dell'immancabile e vociante parete umana che caratterizza ogni arrivo e partenza del traghetto, si presenta agli occhi lo straordinario spettacolo dell'antico porto di Ventotene, interamente intagliato nel banco roccioso.

Il fascino della natura incontaminata: Ventotene
Alcune eruzioni riconducibili a circa un milione e settecentomila anni fa (Villafranchiano antico), proiettarono fuori dal mare lave e materiali piroclastici che dettero vita, in breve, all'isola di Ventotene che venne così a costituire la parte superiore di un cono vulcanico.

Dopo la prima plasmatura la definitiva ossatura dell'isola si realizzò circa un milione e duecentomila anni fa, allorquando una nuova eruzione consoliderà la struttura dell'isolotto di S.Stefano.

Nella parte centrale del banco roccioso che si protende in mare, ai piedi dell'attuale faro, fanno ancora bella mostra di se i resti di una peschiera del tipo ex petra excisa, cioé scavata nella roccia, particolarmente raccomandata da Columella (il grande teorizzatore dell'ittocolutura, vissuto nel I sec. d.C.) per l'efficacia produttiva.

Il fascino della natura incontaminata: Ventotene
Le peschiere erano dotate sul fondo di canali per il ricambio delle acque, congegnati con una sorta di chiusura a saracinesca, così da impedire la dispersione in mare dei pesci; inoltre esistevano canali di collegamento tra le vasche attraverso i quali si facevano convogliare i pesci da uno scomparto all'altro.

Oltre ad assicurare ai pesci un'acqua mai stagnante, si provvedeva anche a ricreare l'ambiente marino a loro congeniale mediante piccoli scogli coperti da alghe o anfratti ricavati nelle strutture e ancora, come a Ventotene, zone coperte e ombrose per proteggerli dal forte sole estivo.

La realizzazione di peschiere rappresenta una delle caratteristiche del mondo romano, durante il I sec. a.C. negli ambienti di ceto sociale elevato si comincia a prediligere il pesce marino e le ville marittime della famiglia imperiale vengono dotate di peschiere sofisticate, mentre il pesce d'acqua dolce, continua ad essere apprezzato solo dalle classi povere.

In particolare nella struttura di Ventotene, possiamo notare una tripartizione del complesso ittico. Partendo dalla costa abbiamo due vasche coperte nelle quali tra l'altro sfociavano i condotti di acqua dolce per la miscelazione con quella marina, in cui i pesci potevano rimanere al riparo da sole e dal moto ondoso; qui potevano anche, grazie ai ricettacoli sommersi, procedere alla deposizione delle uova per una tranquilla nidificazione.

Il fascino della natura incontaminata: Ventotene
In queste vasche l'agibilità interna era assicurata, soprattutto per il personale di servizio, da una banchina risparmiata nel banco tufaceo, oggi a pelo d'acqua ma anticamente emergente, larga circa 1 m.

Questi ambienti, come mostrano ancora delle tracce, erano decorati con intonaci e stucchi colorati.

Segue poi un settore, quello centrale scoperto, caratterizzato da una grande vasca delimitata da una banchina, oggi sommersa, larga circa m. 1,50. La vasca era divisa in due da un diaframma in cui si aprivano due saracinesche. Nel vano meridionale era ricavata una orditura di murature circolari che delineavano concamerazioni nelle quali potevano circolare i pesci, guidati e obbligati nel percorso da una sapiente sistemazione di grate e paratie manovrabili dall'alto e fornite di fori calibrati per consentire il passaggio dell'acqua e nel contempo impedire la fuga dei pesci.

08/11/13

Capri la bella, capriccio degli dei

L'isola degli dei, Capri l'azzurra è ad un soffio da Ischia. Coste bianche ed altissime e ville romane ne fanno una perla del Mediterraneo

Raggiungere la vicina isola di Capri da Ischia è facilissimo, le due terre sono infatti separate soltanto da mezz'ora di viaggio in mare.

Da Ischia le compagnie di navigazione organizzano quotidianamente escursioni.

Per farvi conoscere un po' meglio la vicina di casa di Ischia riportiamo un articolo tratto dal sito www.capri.net

Dalla costa partenopea e salernitana, tra Capo Miseno ed Amalfi, si erge uno scoglio che è come un sogno perso nell'azzurro cobalto del suo mare.

Capri la bella, capriccio degli dei
E' l'isola mediterranea invidiata ed esaltata nelle liriche più famose.

E' Capri.

Il profumo dei fiori, la raffinata sfaccettatura dei colori, le reminiscenze di un passato millenario, l'ammaliante silenzio rotto solo dal lacerante grido dei gabbiani, sono alcune delle caratteristiche della favola che vi raccontiamo.

Il primo scopritore di Capri fu Augusto nel 29 a.C. che innamoratosi dell'isola la toglie dalle dipendenze di Napoli scambiandola con la fertile Ischia.

Inizia il suo dominio privato seguito dalla fiorente edilizia che il suo successore Tiberio attuò dal 27 al 37 d.C, con la costruzione di ben 12 ville.

I primi abitanti dell'isola furono i Teleboi che si stabilirono a Capri nell'VIII secolo a.C.

Dell'antica acropoli greca restano solo le mura di fortificazione.

Capri la bella, capriccio degli dei
Nel 1906 durante i lavori di ampliamento nell'albergo Quisisana furono rinvenuti dal medico caprese Ignazio Cerio alcuni resti di animali preistorici ed armi in pietra.

Il nome di Capri, secondo alcuni storici, deriverebbe dal greco Kapros-cinghiale. Altri invece, l'attribuiscono all'origine latina, cioè Capreaecapre.

L'isola ha una superficie di circa 12 Kmq di lunghezza ed una larghezza di 3 Km. I grandi eventi politici che si svolsero tra il VI ed il XIX secolo a Napoli, con il succedersi delle dinastie Angioine, Aragonesi, Spagnole e Borboniche, ebbero a Capri scarsi riflessi.


Capri la bella, capriccio degli dei
L'isola esposta alla scorreria Musulmana restava abbandonata a sé stessa e la migliore difesa dei capresi era quella di disertare l'abitato della Marina per rifugiarsi.sulle alture.

Capri era povera di risorse e con una popolazione decimata dalle piraterie e dalla peste. Fra il Seicento ed il Settecento, si aggiunse la rivalità dei due Comuni di Capri ed Anacapri, per la non facile regolamentazione dei reciproci diritti di giurisdizione civile ed ecclesiastica.

Attraverso l'ultima eroica vicenda di sbarchi i Francesi completarono le fortificazioni sull'isola e vi restarono fino al crollo della potenza Napoleonica e alla restaurazione Borbonica del 1815.

Capri esce così dal lungo letargo e si affaccia entusiasta alla vita romantica dell'800.

Iniziarono le corse verso l'isola beata di solitudine e di semplicità paesana, i soggiorni prolungati e le residenze definitive di artisti, di scrittori, di poeti stranieri. L'albergo Pagano, il primo albergo di Capri, ospitò nel 1826 il tedesco Augusto Kopisch.

L'esodo degli intellettuali russi, dopo la guerra russo-giapponese del 1905, contribuì a fare di Capri, un rifugio letterario-politico.


Capri la bella, capriccio degli dei
In quegli anni giunse Massimo Gorki, accolto benevolmente dall'ambiente cosmopolita dell'isola.

Nella letteratura contemporanea due scrittori si dividono il primato della letteratura caprese: lo svedese Axel Munthe e l'isolano Edwin Cerio.

04/11/13

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito

Cava Pallarito segna la linea di confine tra il comune di Barano e quello di Serrara Fontana. Un luogo di altri tempi, selvaggio ed affascinante, poiché non è stato stravolto dalla mano dell'uomo. Nel corso di secoli solo la natura ha trasformato quel sito in un incanto di purezza e autenticità.

I lecci altissimi sembrano sfiorare il cielo e le nuvole, abbondano le querce e il frassino.

Quella gola scavata dal vento e dall'erosione delle acque è sovrastata da due alti costoni, in uno dei quali nei tempi antichi fu scavato un cellaio che i contadini usavano per mettere le botti del vino e gli attrezzi della terra. Salendo per una ripida e lunga scala ci sono grotte e anfratti che all'epoca ci si serviva come rifugio per capre, muli ed uomini.

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito
Questo piccolo regno è stato lasciato in eredità a Salvatore Di Meglio, che fa il mestiere di muratore, il quale è orgoglioso e fiero di aver realizzato il suo sogno: trasformare quegli ambienti in una "Casa Museo". Per oltre quindici anni è stata la sua abitazione, lì sono nati i suoi tre figli, ormai adulti.

Seppur affezionato a quel piccolo paradiso, dovette lasciarlo, perché troppo umido e freddo durante l'inverno. Per un lungo periodo tutto rimase in uno stato di abbandono. Solo colombi, falchi e altri uccelli svolazzavano indisturbati intorno a quello che potrebbe essere definito un piccolo alveare. Ma da circa sette anni c'è di nuovo vita in quella cava desolata, che per noi residenti e turisti era solo un luogo di transito.

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito
Salvatore con i suoi occhi celesti e limpidi che scrutano in profondità, trascorre nel museo molte ore della giornata. Accoglie il visitatore con naturalezza e semplicità, parla poco e ascolta molto.

Nel tempo libero scolpisce il legno e la pietra, realizza così piccoli capolavori, che colpiscono perché molto primitivi nella forma, sembrano appartenere ad un mondo remoto, del quale abbiamo perso le tracce. La cantina è ricca di tanti arnesi appartenuti alla civiltà rurale, piccoli e grandi oggetti di cui si faceva uso quotidiano e che non avremmo modo di ammirare e anche di emozionarci toccandoli, se Salvatore non li avesse messi a disposizione di tutti coloro che hanno nostalgia del passato e delle nostre radici. Ma non solo, tutto ciò è importante anche per le nuove generazioni, le quali devono imparare che la storia è fatta non solo delle gesta degli uomini, ma anche degli oggetti di cui ne hanno fatto uso.

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito
La lunga scala accede ad un terrazzo che affaccia sulla cava e sulla strada carrabile. Tutt'intorno c'è silenzio, ed il fresco pungente che arriva dalla gola attraverso la montagna. Nelle grotte troviamo ancora centinaia di utensili di epoche passate, disegni stilizzati lungo le pareti, che Salvatore ha realizzato con pietre levigate dal mare.

C'è anche un cunicolo chiamato "La Grotta della fortuna", lungo il quale sono stati appesi tantissimi ferri di cavallo, (gli antichi li usavano contro il malocchio), percorrendolo si ha per davvero una sensazione di purificazione e positività interiore.

Ischia la Casa Museo di Cava Pallarito
Altri gradini scavati nel tufo, portano verso la cima, lungo il percorso il belare delle caprette che entrano ed escono dai vari anfratti, accompagnano il visitatore con i loro occhi magnetici e misteriosi. Anche se con il fiatone, l'emozione è profonda quando si giunge sul grande pianoro dell'alto costone, in quel momento si ha l'impressione di essere arrivati sul tetto del mondo. La sensazione è che corpo e spirito, circondati dalla natura selvaggia, si elevino verso altri mondi.

Penso che la "Casa Museo", con il candore di chi l'ha realizzata con tanta passione e senza alcuna pretesa, ci possa stimolare a sognare, fantasticare, a sorprenderci. Come i bambini che guardano il mondo con gli occhi dell'innocenza.

L'ingresso è gratuito.

Casa Museo 
Via ex S.S. 270 tra Buonopane e Fontana, 
80070 Serrara Fontana, Isola d'Ischia, Italia 

Tel. 3497198879 - Email: dimeglio69@yahoo.com